L'odio che uccide - La recensione


Bullismo e spiriti arrabbiati

Lincoln è un ragazzo riservato e amante della musica metal. Per questi motivi, viene preso di mira dai compagni di scuola che lo picchiano e umiliano in ogni occasione. A casa nulla di diverso con un padre ubriacone che lo tratta nella stessa maniera. Stufo di essere vessato per l’ennesima volta, Lincoln colpisce al volto un ragazzo con una forchetta e viene spedito in un campo di recupero per ragazzi problematici situato nel bel mezzo di una zona desertica dove non tarda a farsi conoscere. Dopo essere diventato di nuovo vittima di bullismo da parte di un gruppo di ospiti della comunità, Lincoln evocherà accidentalmente lo spirito di una ragazza che lo aiuterà a difendersi da queste violenze.  


CinePaura pensa che...

 

Un tema molto, troppo attuale come il bullismo viene trattato in L’odio che uccide (Some Kind of Hate in originale) in chiave horror. Un’idea sfruttata diverse volte nel cinema ma che di partenza che ha il suo potenziale. Il protagonista è Lincoln ed è rappresentato come il classico ribelle: metallaro, capelli lunghi e rabbia nel cuore, stereotipo del ragazzo che non piace alla società e che, di conseguenza, viene preso di mira perché “diverso dagli altri”. Lincoln da principio scappa, si nasconde ma quando reagisce viene punito e spedito in un luogo pieno di ragazzi come lui, ragazzi che, a detta dei perbenisti, creano problemi alla società.

In questa comunità di recupero Lincoln trova persone come lui, personalità borderline che trasportano un pesante fardello proveniente dal passato, fardello che sfocia nel presente in gesti estremi e emarginazione. Nessuno vuole capire il peso di questo fardello e, si sa, le cose sconosciute spaventano e vengono allontanate in malo modo generando rabbia e frustrazione. Ma la rabbia è qualcosa che non si può accumulare all’infinito. Prima o poi esplode ed è quello che ci dimostra il personaggio di Moira.

Un film poco innovativo nei contenuti ma ben realizzato sotto il punto di vista registico e tecnico. Adam Egypt Mortimer, al suo esordio nel lungometraggio (era il regista del segmento New Year's Eve nella raccolta Holidays) ci sa fare con la macchina da presa. Inoltre il film gode della giusta atmosfera grazie a una fotografia slavata e una location desertica affascinante. Elementi che tuttavia non riescono a far decollare il film e renderlo realmente disturbante, come un prodotto di questo tipo dovrebbe essere. La villain di turno è uno spettro incazzato con il mondo intero dall’alto potenziale ma che purtroppo non riserva molte sorprese. La sua rabbia imperversa sulle vittime sempre nella stessa maniera, risultando parecchio splatter (la collana di lamette che indossa aprirà più di una lacerazione) ma troppo ripetitiva. Giunti alla fine del film si rimane con un senso di insoddisfazione, come dopo aver mangiato un piatto di pasta insipido e con poco sugo. La pasta è sempre buona, sia chiaro ma condita e salata nella giusta maniera diventa eccezionale.

 


Forse non sapevate che...

 

Ronen Rubinstein ha detto di aver ascoltato la musica di Kurt Cobain per entrare nel mood del ruolo

Gracie Gillam e Ronen Rubinstein hanno iniziato a fumare durante le riprese del film


Informazioni

 

Regia di Adam Egypt Mortimer

 

2015

 

Ronen Rubinstein (Lincoln)
Gracie Gillam (Kaitlin)
Sierra McCormick (Moira)
Lexi Atkins (Christine)

 

A cura di Andrea Costantini



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