La tana del serpente bianco - La recensione

 


Il classico di Bram Stoker nelle mano di quel folle di Russell

 

L’archeologo Angus Flint, durante uno scavo nei pressi di un bed and breakfast, rinviene uno strano teschio. Pare che lo scheletro in questione appartenga a un serpente di enormi dimensioni. Durante una festa, Flint condivide il suo ritrovamento con il nobile James D’Ampton i cui avi, si narra, abbiano sconfitto il gigantesco e leggendario Verme D’Ampton. Nel frattempo Sylvia Marsh, un demone serpente dalle sembianze di una sensuale donna, si intrufola nel bed and breakfast per rubare la reliquia.




 

CinePaura pensa che...

Ken Russell è uno degli autori più controversi di sempre. Impossibile non ricordare il caos che suscitò il suo I Diavoli nel lontano 1971. Uno dei suoi ultimi lavori è La tana del serpente bianco, diretto nel 1988 e tratto dalla novella scritta da Bram Stoker nel 1911, ispirata alla leggenda popolare di Lambton Worm. Nonostante sia uno dei lavori nella sua cosiddetta fase calante, nel film sono presenti diversi momenti allucinanti e blasfemi tipici dello stile di Russell e che lo hanno reso grande negli anni.

Tutta la sua grottesca fama emerge agli occhi dello spettatore in concomitanza del contatto con il veleno della serpentifera Amanda Donohoe: suore violentate da centurioni romani mentre un serpente enorme si arrampica su un Cristo crocefisso, visioni sensuali e violente di una giovane vergine al momento del contatto con un crocefisso. C’è spazio anche per un attimo onirico ad alto tasso di stranezza (il sogno di Grant sull’aereo). A parte questi siparietti lisergici degni di nota, La tana del serpente bianco è un film che non è horror e non è commedia, non è ben fatto e non mette in scena dei bravi attori ma che, in una strana sensazione di rimbambimento, è impossibile non guardare con attenzione.

Russell era un tizio a cui piaceva lasciare il segno e, sebbene in maniera minore rispetto a capolavori del passato, raggiunge il suo obiettivo anche ne La tana del serpente bianco. Nel cast spicca un giovane Hugh Grant nei panni del damerino nobile James D’Ampton i cui antenati sono stati responsabili della morte del demoniaco vermone.



Forse non sapevate che...

Russel avrebbe voluto Tilda Swinton per il ruolo di Sylvia Marsh e che abbia ripiegato sulla Dohonoe solo in seguito al rifiuto dell’attrice

Il budget del film è stato di 2 milioni di dollari e ne ha incassati poco più della metà

Il teschio ritrovato nelle prime scene è stato costruito utilizzando un vero scheletro di mucca

La bocca del verme bianco (Dionin) vista nel tunnel verso la fine del film era in realtà un cofano del Maggiolino Volkswagen dipinto

 


Informazioni

 

Regia di Ken Russell

 

1988

Hugh Grant (James D'Ampton)
Amanda Donohoe (Sylvia Marsh)
Catherine Oxenberg (Eve Trent)
Peter Capaldi (Angus Flint)

 

A cura di Andrea Costantini



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