Meander - La recensione


 

Escape-movie crudo e claustrofobico

 

Lisa è una giovane madre che ha da poco perso la figlia. Indecisa sul da farsi della propria vita, incrocia un uomo per strada che si rivelerà essere pericoloso. Un incidente d’auto, Lisa perde i sensi e si risveglia in un cunicolo metallico con addosso una tuta tecnologica e un bracciale con un timer. Lisa è intrappolata in un labirinto di tubi. Cosa ben peggiore è che il percorso è pieno di trappole e ogni undici minuti, le fiamme divampano ovunque.


CinePaura pensa che...

 

È fin dai tempi di The Cube che gli autori horror si divertono a rinchiudere persone all’interno di giocattoloni pieni di trappole. Poi sono arrivate le escape room che tanto vanno di moda negli ultimi tempi. Quello che viene mostrato in Meander (che vuol dire “meandro” ma anche “girovagare”) è qualcosa di molto simile alle suddette situazioni ma con il pregio/difetto di lasciare allo spettatore l’interpretazione di tutto l’ambaradan messo in mostra. Ed è una verità universalmente conosciuta che se il senso di un film è lasciato nelle mani di colui che assiste, allora ci sarà una netta divisione tra estimatori e detrattori. Nel caso specifico di Meander, noi possiamo inserirci nella lista degli estimatori.

Una giovane donna rinchiusa in un labirinto ipertecnologico fatto di condotti metallici e stracolmo di trappole deve cercare di salvare la pelle ma non senza aver prima affrontato i fantasmi che la tormentano, quelli interiori. Un escape-movie insolito, diverso da ciò a cui eravamo abituati in precedenza (infatti il confronto con Il Cubo e i vari Escape Room regge fino a un certo punto). Il film di Mathieu Turi è un concentrato di trappole, tensione e claustrofobia che però sfocia in qualcosa di viscerale, se vogliamo esagerare, di filosofico. Una madre in un limbo di metallo dove le cose non dette e quelle non fatte rimbalzano nei tubi zigzagando tra le insidie. Che cosa è peggio, i lanciafiamme che tentano di cremare Lisa oppure i sensi di colpa che le opprimono il cuore? Ci fermiamo qui, non vorremmo dire di più per non rovinare la visione.

Utilizzato molto bene il budget ridotto nella messa in scena e nella creazione degli spazi angusti pieni di ticchettii metallici che lasciano presagire il peggio. Claustrofobico, crudo (il sangue non manca di certo) e ben realizzato.



Forse non sapevate che...

 

Il film è disponibile in home video in Limited Edition, sia in Bluray che DVD, grazie a Midnight Factory

Tutte le pareti della stanza in cui Lisa si risveglia hanno il codice morse inciso. La parola ripetuta è “vite”, che in francese significa “presto”

La protagonista Gaia Weiss ha interpretato Porunn nella serie TV Vikings



Informazioni

 

Diretto da Mathieu Turi

 

2020

Gaia Weiss (Lisa)
Peter Franzén (Adam)

 

A cura di Andrea Costantini



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