Candyman - La recensione

 


Candyman, Candyman, Candyman, Candyman...

 

Anthony McCoy è un artista che sta vivendo una crisi creativa. Quando il fratello della sua fidanzata gli racconta la leggenda metropolitana di Helen Lyle, la donna che in preda a follia omicida stava per sacrificare un bambino gettandolo nelle fiamme, Anthony ha un’illuminazione. Indaga a fondo su quella leggenda e scopre che ruota intorno a un uomo, linciato ingiustamente dalla folla, che pare perseguitare e uccidere coloro che hanno l’ardire di pronunciare il suo nome per cinque volta guardando in uno specchio. Il suo nome è Candyman e Anthony scoprirà suo malgrado quanto pericolosa sia la leggenda.


CinePaura pensa che...

I creepypasta esistevano ben prima che i social network si diffondessero a macchia d’olio tra gli smartphone dell’umanità. Allora, quando eravamo liberi dalla tecnologia, si chiamavano leggende metropolitane e terrorizzavano noi poveri bambini facendoci credere nell’esistenza di indicibili orrori. Una di queste era la terrificante vicenda dell’uomo nero, martoriato da una folla inferocita, mutilato e cosparso di miele per poi essere devastato dalle api e che appariva se pronunciavi cinque volte il suo nome allo specchio. Candyman è il suo nome, uno dei babau per eccellenza degli anni ’90. Scaturito dalla penna diabolica di Clive Barker e trasposto sullo schermo sotto le sembianze del terrificante Tony Todd, il film è un vero e proprio cult del genere.

E poteva un classico di tale portata non finire nell’eterna scia dei remake, reboot, requel o come diavolo volete chiamarli? In cabina di regia del nuovo Candyman, a tutti gli effetti un seguito diretto del primo capitolo, c’è la talentuosa Nia DaCosta che dopo il suo esordio pieno di applausi (Little Woods) si cimenta nel nuovo capitolo sul diabolico pittore Daniel Robitaille, dando una nuova linfa vitale al mostro. Perché l’abile sceneggiatura firmata Jordan Peele e la capacità di DaCosta nel metterla in scena hanno fatto sì che il nuovo Candyman non fosse un copia incolla del mostro conosciuto negli anni ’90 bensì una sua evoluzione che lo ha trasformato da fantasma assassino a simbolo contro un sistema opprimente nei confronti di una categoria ben precisa, rientrando in pieno nel neo filone horror di cui Peele è stato il pioniere. Un’idea molto valida e trasposta sullo schermo in maniera efficace, sia per scrittura che per messa in scena.

Menzione particolare va alla coreografia degli omicidi, alcuni efferati in cui ci viene sbattuta in faccia l’iper violenza, altri fuori campo oppure percepiti da lontano (l’omicidio visto dall’esterno del palazzo attraverso le finestre, uno dei più riusciti degli ultimi tempi). Una piacevole sorpresa dunque che non ricopia qualcosa di già visto in passato ma rinvigorisce il mito aggiungendo tematiche sociali calde. Chiudiamo la nostra breve analisi con una domanda: La DaCosta è brava e su questo non si discute ma che cosa ne sarebbe uscito se alla regia ci fosse stato il buon Jordan Peele? Secondo noi una bomba.



Forse non sapevate che...

In una scena si vede William Burke leggere un libro di Clive Barker. Barker è l’autore della storia “The Forbidden” dove appare il personaggio di Candyman per la prima volta

La serie di Candyman è composta dal capostipite Candyman - Terrore dietro lo specchio (1992), Candyman 2 - Inferno nello specchio (1995) e Candyman 3 - Il giorno della morte (1999)

Durante le riprese la troupe si è davvero imbattuta in uno sciame di api



Informazioni

 

Diretto da Nia DaCosta

 

2021

Yahya Abdul-Mateen II (Anthony McCoy)
Teyonah Parris (Brianna Cartwright)
Nathan Stewart-Jarrett (Troy Cartwright)
Colman Domingo (William Burke)
Tony Todd (Daniel Robitaille / Candyman)
 

A cura di Andrea Costantini



 

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