Il buco - La recensione


Esordio alla regia coi fiocchi per un horror distopico tesissimo e intelligente

Regia di Galder Gaztelu-Urrutia

2019

Iván Massagué (Goreng)
Antonia San Juan (Imoguiri)
Zorion Eguileor (Trimagasi)
Emilio Buale Coka (Baharat)
Alexandra Masangkay (Miharu)
Zihara Llana (Mali)

Trama

Goreng si sveglia una mattina e si ritrova in una stanza, insieme a un altro tizio il cui nome è Trimagasi. La stanza in questione ha due letti, un lavandino e un grosso buco al centro. Trimagasi spiega al nuovo arrivato che quel luogo viene chiamato “la fossa” e si trovano al 48° livello. Ogni livello contiene due persone che ogni mese vengono spostate di livello, in maniera casuale. Nel buco al centro della stanza si muove verso il basso una piattaforma, sulla quale si trova il cibo che, partendo dal livello 0 carica di leccornie, scende man mano fermandosi per pochi minuti ad ogni stanza, fino a un numero sconosciuto di livelli. Ovviamente, più è basso il livello e meno roba da mangiare arriva e, di conseguenza, la possibilità di sopravvivere per trenta giorni. Goreng dovrà sopravvivere sperimentando che cosa è in grado di generare l’assenza di cibo nelle persone prigioniere e affamate.



CinePaura pensa che...

Come un fulmine a ciel sereno, capita che un’idea arrivi. Una bella idea. Questa idea poi si evolve e si trasforma in storia, in sceneggiatura. La sceneggiatura, pronta e dettagliata, finisce nelle mani di un regista, a volte affermato, altre volte esordiente, come nel caso de Il buco. A volte, questo regista esordiente si rivela essere uno davvero in gamba, uno che sa come trattare le storie, come delineare i personaggi, come disegnare gli ambienti e come intrattenere lo spettatore. E da questo insieme di cose, tutte brillanti e funzionanti, non può che venirne fuori una bomba. E l’ultimo arrivo sulla piattaforma Netflix proveniente dalla Spagna, diretto dall’esordiente Galder Gaztelu-Urrutia, signore e signori, una bomba lo è per davvero. La differenza e la lotta tra classi sociali messa in scena sottoforma di horror distopico, basato su un’idea a dir poco geniale legata al cibo, da cui scaturisce una violenza inaudita. Non si sa chi stia al comando, non è dato saperlo. Sappiamo soltanto che chi comanda ha a cuore la salute di chi sta sotto e prepara sontuosi banchetti pieni di leccornie da mangiare. Poi quello che succede sotto, non è affar suo. Un film intelligente, violentissimo e teso. Il finale (piuttosto criticato) ha un suo messaggio più o meno condivisibile e con una storia di tale potenza, avrebbe meritato qualcosa di più epocale e devastante. A parte questo, la miglior cosa horror vista nel 2020 fino ad ora. È ovvio.



Forse non sapevate che...

È stato distribuito da Netflix a partire dal 20 marzo 2020

Ha vinto il premio del pubblico al Toronto International Film Festival. Ha inoltre vinto il premio come miglior film, migliori effetti visivi, miglior regista rivelazione e premio del pubblico al Sitges, i festival internazionale del cinema fantastico della Catalogna

Il titolo originale è El Hoyo mentre negli Stati Uniti è uscito come The Platform

La sua fonte di ispirazione è sicuramente The Cube (1997) di Vincenzo Natali

A cura di Andrea Costantini



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