In occasione dell’arrivo nei cinema di Jukai La foresta dei suicidi,
una rassegna di horror con protagonista il bosco
Da sempre il bosco è legna da ardere
nel fuoco della fantasia.
Gli alberi che protendono i rami secchi
come mani scheletriche pronte ad afferrarti, il fruscio dei cespugli nel buio,
gli animali che strisciano, volano, somigliano a creature venute dal regno dei
morti pronte a trascinarti all’inferno.
Tutto molto suggestivo, soprattutto di
notte quando il buio prende il sopravvento sulla luce.
Ma a volte facciamo bene ad avere paura
perché il bosco è un posto mistico, un elemento potente e il cinema, su questa forza,
ci ha costruito storie.
In occasione dell’arrivo nei cinema di Jukai – La foresta dei suicidi prevista
per il 28 settembre, abbiamo deciso di raccogliere i principali horror in cui
il bosco ha contribuito alla riuscita della pellicola, come vero e proprio protagonista
insieme agli attori in carne e ossa.
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Jukai - La foresta dei suicidi |
Partiamo proprio dall’imminente Jukai – La foresta dei suicidi.
Un film del 2016 approdato nelle sale italiane grazie alla Midnight Factory che racconta la storia di una ragazza tenace
pronta a qualsiasi cosa per ritrovare la sorella che si è addentrata nella
pericolosa e terrificante Aokigahara, la cosiddetta foresta dei suicidi. Qui la
gente va a morire ed è inevitabile che gli spiriti inquieti si aggirino tra gli
alberi dell’enorme e labirintico bosco. Protagonista della storia è la bella e
brava Natalie Dormer che tutti conoscono per il ruolo della regina Margaery
Tyrell nella serie capolavoro Il
Trono di Spade.
Ma addentriamoci ancora di più nel
bosco. Attenzione però a non abbandonare il sentiero.
Quando si parla di horror e bosco il
primo film che salta in mente è The
Blair Witch Project (1999), il film-evento che detiene il record di
oltre 200 milioni di dollari guadagnati a fronte di poche migliaia spese per la
realizzazione. Sebbene non sia il primo mockumentary (ovvero falso
documentario) della storia del cinema, viene ricordato per essere il film che
ha portato il genere sotto la luce dei riflettori e dei dollari guadagnati. La
storia la conoscono tutti. Tre ragazzi vogliono fare un documentario sulla
strega che vive nei boschi di Burkitsville e non fanno più ritorno a casa.
Vengono ritrovate soltanto le videocassette che mostrano i loro ultimi momenti
prima di sparire. Un film fenomeno ma controverso che ha creato contrasti nel
pubblico. C’è chi lo ha amato e chi, tutt’ora, lo odia a morte.
Anche un altro film di streghe, completamente
diverso per tematica e stile, ha diviso il pubblico ma non la critica che lo ha
accolto unanimemente con tanto di scroscio di applausi. Stiamo parlando del
recente e suggestivo The Witch (2015).
Nel 1600 circa, una famiglia del New England viene allontanata dalla comunità
in cui vive. La loro nuova abitazione è nei pressi di un bosco. Qui vivono di
lavoro e preghiera ma le cose si mettono subito male. Il loro figlio più piccolo
scompare nel nulla e sinistri avvenimenti iniziano a sconvolgere le loro vite.
Il cinema d’autore ambientato nel bosco
non si ferma qui. Un illustre regista, noto per la sua tecnica essenziale e i
suoi contenuti perversi ed esagerati, ha preso una coppia a cui è appena morto
un figlio e l’ha piazzata in una casa nel bosco ad affrontare le paure e
fantasmi interiori. Lars Von Trier con il suo Antichrist (2009) usa il bosco come luogo in cui si
materializzano le persecuzioni di una donna con gravi tormenti, al limite tra
realtà, immaginazione e malattia.
Ma mettiamo da parte il cinema d’autore
per lasciar spazio al divertimento. E con divertimento intendiamo quello che i
ragazzi protagonisti pensano di vivere andando a passare un weekend nella baita
in mezzo al bosco. Alcol, sesso e sballo sono i presupposti per il fine
settimana ma la morte si nasconde insidiosa tra gli alberi.
La
casa (1981) di Sam Raimi rappresenta il più classico degli esempi. Un gruppo
di ragazzotti tra cui l’ormai leggendario Ash Williams passa il weekend in uno
chalet di montagna quando accidentalmente risvegliano potenti demoni leggendo
un libro maledetto. Must assoluto del genere che ha ispirato decine e decine di
film a venire, come un altro piccolo cult movie, diretto ventuno anni dopo dall’allora
esordiente Eli Roth.
Il film in questione è Cabin Fever (2002). Nonostante il pubblico si sia diviso davanti all’opera prima di Roth, le situazioni grottesche che si susseguono nella storia donano al film un alone di lynchiana inquietudine, in una continua via di mezzo tra il serio e il folle. La trama è sempre la stessa: ragazzi nella baita nel bosco che diventano carne da macello. Questa volta però a fare a pezzi i nostri pseudo eroi non sono demoni venuti dall’inferno ma un potente virus, altamente contagioso e in grado di distruggere i tessuti del corpo umano. Si possono immaginare le conseguenze.
Ma avviciniamoci ancora di più ai giorni nostri con un altro lavoro che ha lasciato il segno. Quella casa nel bosco (2012), diretto da Drew Goddard. La trama è indovinate un po’? Esatto! Un gruppo di ragazzi parte per passare un weekend nella baita nel bosco dove li aspettano diverse sorprese che non riveliamo per chi ancora non ha visto il film. Alcuni lo hanno definito come il film horror definitivo, per la sua completezza e abilità nel toccare ogni tipo di situazione horror.
Nella folta vegetazioni si nascondo
anche altre minacce. Non ci sono solo demoni o fantasmi ma anche esseri umani
spietati. Assassini seriali, sadici e maniaci spesso inseguono le loro vittime
tra le fronde di un bosco lugubre.
Il caso più classico del genere è Venerdì 13 (1980), film che non ha
bisogno di troppe presentazioni. Ambientato in un campeggio sul lago in mezzo
al bosco è il luogo in cui vive e uccide Jason Voorhees, l’assassino con la
maschera da hockey. Il film è talmente celebre che ne sono stati fatti dodici
seguiti, un remake e una serie televisiva.
Meno conosciuto ma decisamente d’impatto
è Eden Lake (2008), uno dei
primissimi ruoli del bravo Michael Fassbender. Eden Lake rappresenta la
peggiore vacanza che si possa immaginare per una coppia di giovani fidanzati.
Camping sul lago, atmosfera romantica ma un gruppo di ragazzini maleducati
continua a far chiasso. Meglio rimproverarli oppure lasciar correre? Il nostro
Michael decide che è meglio provare a far loro notare che stanno facendo troppo
rumore. Pessima idea. Astenersi stomaci deboli.
La violenza nel bosco non finisce qui.
Il più famoso rape&revenge (letteralmente significa “stupro e
vendetta”) costruisce una delle più efferate scene di violenza ai danni di una
donna proprio tra gli alberi. Non
violentate Jennifer (1978) infatti racconta di una scrittrice che si
ritira nella pace della casa nel bosco per scrivere ma un gruppo di deficienti
del luogo la vede e decide di perseguitarla. La ragazza passerà brutti momenti
ma loro non faranno una bella fine. Anche il remake del 2010 intitolato I Spit on Your Grave (2010)
funziona nella stessa maniera. Efferatezza senza limiti ma con un senso di
sollievo nel finale.
Ci dimentichiamo forse dei pervertiti
di Un tranquillo weekend di paura
(1973) diretto da John Boorman? Un altro classico che ai tempi fu addirittura
candidato a tre premi Oscar.
Il bosco è anche luogo in cui si
nascondono creature pericolose. I lupi, ad esempio, vivono nei boschi. Ma i
licantropi invece?
Film come In compagnia dei lupi (1984) di Neil Jordan, L’ululato (1981) di Joe Dante, Licantropia (2004), Cappuccetto rosso sangue (2011),
Unico indizio:la luna piena
(1985) e la famosissima prima scena del classico Un lupo mannaro americano a Londra (1981) diretto da John
Landis sono alcuni esempi in cui il malcapitato di turno, dopo aver avuto la
pessima idea di farsi un giretto nei boschi, viene assalito da un licantropo. Un
morso dalla bestia e il gioco è fatto. Il poveraccio si trasforma a sua volta
in mostro alla prima luna piena.
Alla fine del nostro sentiero non
possiamo non parlare del nostro paese. L’Italia negli ultimi anni è stata
povera nel settore cinematografico dell’orrore. Pochi sono i registi che hanno voglia
di cimentarsi nel genere che tutti noi amiamo ma quei pochi che lo fanno, di
norma ambientano le loro vicende nei boschi.
Un esempio è dato dal Il bosco fuori diretto dal
valido Gabriele Albanesi. Pochi spiccioli e tanta voglia di creare qualcosa che
omaggiasse classici dello slasher come Non aprite quella porta.
Anche Federico Zampaglione (che molti
conosceranno come il frontman dei Tiromancino) ha ambientato una delle sue
pellicole tra i boschi del centro Europa dove si nasconde un sadico assassino
nazista. Il film è Shadow
(2009).
Ultimo ma non per qualità è il
disturbante lavoro di Cosimo Alemà. At
the End of the Day (2011) dove una partita di softair tra amici finisce
molto male e si trasforma in una spietata caccia all’uomo.
Nel ricordarvi l’appuntamento con Jukai – La foresta dei suicidi
in uscita nei cinema il 28 settembre, non possiamo fare altro che lanciare un
avvertimento a tutti voi.
State attenti quando passeggiate nei
boschi.
Tra gli alberi si nasconde qualcosa.
E vi sta osservando.
A cura di Andrea Costantini
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